La  legge  impugnata  da',  in  pratica,  veste  legislativa alla
disciplina  regolamentare  che,  sempre  per  la qualificazione delle
imprese,  la  Regione  aveva  adottato con decreto del suo Presidente
n. 1/L  in  data 9 marzo 2001, annullato dal Tribunale amministrativo
regionale della Sardegna con sentenza n. 892/2002.
    L'obiettivo  della  disciplina,  emerso  in  sede di elaborazione
della  legge, e' risultato quello di far si' che le imprese sarde non
siano  escluse  dal  mercato  degli  appalti  che  si  svolgono nella
regione. L'obiettivo e' chiaramente anticoncorrenziale ed esso, anche
se non dichiarato, sarebbe comunque stato desumibile dalla legge.
    L'art.1,  nel  definire  l'ambito  di applicazione, dispone che i
committenti  ed  ai  concedenti,  che  vi sono indicati, "sono tenuti
all'applicazione   delle   seguenti  disposizioni  per  la  validita'
dell'intero procedimento".
    Detto  in  altre  parole:  i  committenti ed i concedenti debbono
richiedere  ai  partecipanti  la  qualificazione nelle forme previste
dalla legge; in caso contrario, l'intero procedimento sara' invalido.
    La  qualificazione  e'  attribuita  da  una  apposita Commissione
permanente   (art.   3)   il   cui  provvedimento  positivo  comporta
l'iscrizione in un apposito casellario, definito come "Albo regionale
degli appaltatori".
    La  Regione  Sardegna  ha,  dunque,  ritenuto  di  derogare  alla
disciplina  nazionale per la qualificazione delle imprese, prevedendo
un  proprio procedimento che, sotto questo profilo, rende autonomo il
mercato regionale dei lavori pubblici.
    E',  pertanto,  evidente  la  deroga  all'art.  8.2  della  legge
11 febbraio 1994, n. 109 che ha previsto un sistema di qualificazione
unico  per tutti gli esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici,
attuato poi con il d.P.R. 25 gennaio 2000, n.34.
    La legge regionale nel suo complesso e' illegittima sotto diversi
punti di vista.
    In primo luogo dal punto di vista dell'ordinamento comunitario il
cui  rispetto  e'  imposto alla legislazione regionale dall'art. 117,
primo comma, Cost.
    L'art.    6   della   Direttiva   93/37/CEE   dispone   che   "le
amministrazione aggiudicatrici non possono esigere condizioni diverse
da   quelle   previste   agli  artt.  26  e  27  allorche'  domandano
informazioni  sulle  condizioni  di carattere economico e tecnico che
esse esigono dagli imprenditori per la loro selezione".
    Per  non  violare  la  liberta' di prestazione dei servizi (artt.
49-55  TUE) nell'art.8 della legge n. 109/1994 e' disposto che, anche
dopo  l'entrata  in  vigore  del  sistema unico di qualificazione, le
imprese  dei Paesi appartenenti alla Comunita' europea possono essere
tenute  solo  a  presentare le certificazioni conformi alle normative
vigenti nei rispettivi Paesi.
    Prevedendo un sistema di qualificazione di applicazione generale,
senza eccezioni, che richiede, tra l'altro, la iscrizione alla Camera
di  commercio  (art. 9.1,  lettera f), la legge impugnata e' incorsa,
pertanto, in una palese violazione della normativa comunitaria.
    La  legge e', peraltro, illegittiina anche sotto un diverso punto
di vista.
    La  piena  potesta'  legislativa  in  materia di lavori pubblici,
attribuita alla Regione Sardegna dall'art. 3 del suo Statuto, e' oggi
di tutte le regioni.
    Una  volta  che  fosse  ritenuta legittima la legge impugnata, la
stessa  conclusione  andrebbe  tratta  a  proposito di tutte le altre
leggi che ciascuna regione si dovesse dare in materia.
    In mancanza di qualsiasi mezzo di coordinamento, si arriverebbe a
quella   che  la  giurisprudenza  comunitaria,  nel  condannarla,  ha
chiamato la compartimentalizzazione del mercato. In altre parole ogni
Regione  introdurrebbe una disciplina differenziata, come ha fatto la
Sardegna,   per   creare   alle   imprese   residenti  una  posizione
concorrenziale piu' favorevole.
    Non  e'  una  previsione  teorica  perche',  se  non fosse questo
l'obiettivo  reale  della  disciplina regionale differenziata, che si
sta  esaminando,  non ci sarebbe stata alcuna ragione per derogare al
sistema unico nazionale.
    In  questo  modo,  mentre un'impresa che opera all'interno di una
singola  Regione  dovrebbe  sottoporsi  ad  un  solo  procedimento di
qualificazione,  regolato  con  criteri  di  favore  particolare, una
seconda  impresa  che  operasse  su  tutto il territorio nazionale si
dovrebbe  sottoporre  a  numerosi  e diversi procedimenti, con questo
risultato:  che potrebbe essere qualificata in una Regione ed esclusa
in  un'altra,  e,  anche  in  caso  di tutti esiti positivi, dovrebbe
affrontare oneri economici e di tempo che la pongono in condizione di
sfavore  tenuto  conto  anche  della  necessita'  di  provvedere alle
variazioni  (art.  29) e con l'eventualita' di essere sottoposta alla
revisione generale (art. 32), con tutti gli oneri conseguenti.
    Questa compartimentalizzazione dei mercati e' uno dei casi tipici
di  violazione  dei  principi  della  concorrenza,  la  cui tutela e'
assegnata  alla  legislazione  esclusiva  dello  Stato dall'art. 117,
secondo comma, lettera e) Cost.
    In  proposito  anche  il Tribunale amministrativo regionale della
Sardegna  non  ha  avuto  perplessita'.  Nella sentenza richiamata si
legge:   "Non   vi  ha  dubbio  che  la  problematica  relativa  alla
qualificazione    delle   imprese   rientri   nella   materia   della
regolamentazione  della concorrenza. Invero, le direttive comunitarie
che,   con  precisione  inusuale  per  tale  fonte  normativa,  hanno
regolato,  nel dettaglio, i meccanismi d'aggiudicazione degli appalti
pubblici,  trovano  la  propria  giustificazione  nella necessita' di
evitare  comportamenti  discriminatori in uno dei settori d'attivita'
economica  di maggiore  impatto,  quale  quello  dei  contratti delle
pubbliche amministrazioni..... Afferma in conclusione il collegio che
la  regolamentazione  dei  sistemi  di  partecipazione  alle  gare ed
aggiudicazione  dei  pubblici  contratti  attiene  alla materia della
tutela  della  concorrenza, che l'art. 117, secondo comma, lettera e)
della  Costituzione,  nel  nuovo  testo, attribuisce allo Stato......
conclude il collegio affermando che l'art.117, secondo comma, lettera
e) della Costituzione impedisce alle regioni di dettare proprie norme
di  qualificazione delle imprese, aspiranti agli appalti che ricadono
nel loro ambito di competenza".